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UNITA’
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d’ITALIA
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Si ringraziano tutti i privati che
hanno messo a disposizione di
questa manifestazione le loro
collezioni personali per la buona
riuscita della mostra e per una
migliore divulgazione di questa
parte della nostra storia.
Il ricavato della vendita del
presente opuscolo sarà riservato
alla prosecuzione del service
finalizzato alla mappatura e
predisposizione di cartellonistica
dedicata alla descrizione di siti di
importanza storica e/o artistica
esistenti sul territorio di Vado
Ligure e Quiliano.
L’Amministrazione comunale ha colto con entusiasmo l’iniziativa della sezione del Lions
Club di Vado Ligure - Quiliano di allestire una mostra storico-documentaria per ricordare gli
avvenimenti che condussero all’Unità d’Italia”.
Essa infatti, troverà la propria collocazione all’interno di Villa Groppallo in associazione con
la mostra realizzata dalle scuole vadesi in occasione dell’iniziativa dell’Anpi provinciale
“Adotta un articolo della Costituzione”.
Si da così vita ad un itinerario ideale che condurrà il visitatore dal 1848 al 1948, dallo
Statuto Albertino alla Costituzione repubblicana.
Sarà dunque un importante momento per ricordare quegli uomini e quelle donne che hanno
combattuto per gli alti ideali dell’indipendenza, dell’uguaglianza e della libertà e per
ricordare a tutti noi che questi valori non sono dati una volta per sempre ma che devono
essere riconquistati e difesi con il costante impegno quotidiano.
Vado Ligure, 24 maggio 2011
Gli Assessori alla Cultura e alla Pubblica Istruzione
del Comune di Vado Ligure
Pietro Toso, Giovanni P. Borgna
Nella ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, ci sentiamo coinvolti e motivati nel dare
anche il contributo del Lions Club Vado Ligure – Quiliano “Vada Sabatia” per festeggiare ed insieme
rinnovare un impegno profondamente radicato nel Lionismo: la promozione continua e lo stimolo a
tutte le componenti del sociale, in specie le più giovani, alla conoscenza ed al rispetto delle proprie
radici storiche, alla consapevolezza dell’arricchimento regalato dal passato, alla proposta di
confronto costruttivo per modificare il proprio futuro.
Come le altre, la nostra iniziativa “fa tutt’uno con l’impegno a lavorare per la soluzione dei problemi
oggi aperti dinanzi a noi: perché quest’impegno si nutre di un più forte senso dell’Italia e dell’essere
italiani, di un rinnovato senso della missione per il futuro della nazione. Ieri volemmo farla una e
indivisibile, come recita la nostra Costituzione, oggi vogliamo far rivivere nella memoria e nella
coscienza del paese le ragioni di quell’unità e indivisibilità come fonte di coesione sociale, come base
essenziale di ogni avanzamento tanto del Nord quanto del Sud in un sempre più arduo contesto
mondiale. Così, anche nel celebrare il 150°, guardiamo avanti, traendo dalle nostre radici fresca linfa
per rinnovare tutto quel che c’è da rinnovare nella società e nello Stato.” (Giorgio Napolitano 2011).
Con questo opuscolo di presentazione della mostra ci poniamo l’obiettivo di portare anche il
contributo del nostro Lions Club alle celebrazioni della ricorrenza 1861-2011.
Vado Ligure, 24 maggio 2011
Il Presidente del Lions Club Vado Ligure e Quiliano
Maurizio Barbero
1
1861: NASCE L'ITALIA
Il Senato e la Camera dei Deputati
hanno approvato; noi abbiamo
sanzionato e promulghiamo
quanto segue: Articolo unico:
Il Re Vittorio Emanuele II° assume
per sé e suoi Successori il titolo di
Re d'Italia. Ordiniamo che la
presente, munita del Sigillo dello
Stato, sia inserita nella raccolta
degli atti del Governo, mandando
a chiunque spetti di osservarla e
di farla osservare come legge
dello Stato.
Da Torino addì 17 marzo 1861.
Sono le parole che si possono
leggere nel documento della
legge n. 4671 del Regno di
Sardegna e valgono come
proclamazione ufficiale del Regno
2
d'Italia, che fa seguito alla seduta del 14 marzo 1861 della Camera dei Deputati, nella quale è
stato votato il progetto di legge
approvato dal Senato il 26
febbraio 1861. La legge n. 4671 fu
promulgata il 17 marzo 1861 e
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale
n. 68 del 18 marzo 1861.
In circa due anni, dalla primavera
del 1859 alla primavera del 1861,
nacque, da un'Italia divisa in sette
Stati, il nuovo regno: un percorso
che parte dalla vittoria militare
degli eserciti franco-piemontesi
nel 1859 e dal contemporaneo
progressivo sfaldarsi dei vari Stati
italiani che avevano legato la loro
sorte alla presenza dell'Austria
nella penisola e si conclude con la
proclamazione di Vittorio
Emanuele II° re d'Italia.
Tra il 1859 e il 1860 non ci fu un
vero scontro tra l'elemento
3
liberale e le vecchie classi dirigenti ma una rassegnata accettazione della nuova realtà da
parte di queste ultime. Solo nel
regno meridionale si manifestò
una qualche resistenza, dopo la
perdita della Sicilia e l'ingresso di
Garibaldi a Napoli (7 settembre),
senza colpo ferire, con la battaglia
del Volturno e la difesa di alcune
fortezze. Il nuovo Stato non aveva
tradizioni politiche univoche
(insieme ad un centro nord con
tradizioni comunali e signorili,
c'era un mezzogiorno con
tradizioni monarchiche
fortemente accentrate a Napoli)
ma si basava su una nazione
culturale di antiche origini che
costituiva un forte elemento
unitario in tutto il paese, uno
Stato - come scrisse all'indomani
della conclusione della seconda
guerra mondiale un illustre storico
4
svizzero, Werner Kaegi - che cinque secoli prima dell'unità aveva "una effettiva coscienza
nazionale" anche se priva di forma politica.
Nel rapidissimo riconoscimento del regno da parte della Gran Bretagna e della Svizzera il 30
marzo 1861, ad
appena due
settimane dalla sua
proclamazione,
seguito da quello
degli Stati Uniti
d'America il 13 aprile
1861, al di là delle
simpatie per il
governo liberale di
Torino, ci fu anche un
disegno, anche se
ancora incerto, sul
vantaggio che
avrebbe tratto il
continente europeo
dalla presenza del
nuovo regno.
5
Cominciò infatti a diffondersi la convinzione che l'Italia unita avrebbe potuto costituire un
elemento di stabilità per l'intero
continente. Invece di essere terra
di scontro tra potenze decise ad
acquistare una posizione
egemonica nell'Europa centro-
meridionale e nel Mediterraneo,
l'Italia unificata, cioè un regno di
oltre 22 milioni di abitanti,
avrebbe potuto rappresentare un
efficace ostacolo alle tendenze
espansioniste della Francia da un
lato e dell'impero asburgico
dall'altro e, grazie alla sua
favorevole posizione geografica,
inserirsi nel contrasto tra Francia
e Gran Bretagna per il dominio del
Mediterraneo.
Tratto dal sito
www.italiaunita150.it
6
Lettera di Cavour a Vittorio Emanuele II
20 marzo 1861
Sire,
Tosto ch’io ebbi fatto conoscere al Consiglio dei Ministri nella seduta di ieri sera la necessità
di chiamare nei Consigli della Corona dei rappresentanti dell’Italia meridionale, i miei
colleghi risolsero unanimi di deporre nelle mani di V.M. le loro dimissioni. A ciò fare furono
indotti dal desiderio di lasciare libero il campo a V.M. nella solenne occasione che trattasi di
costituire per la prima volta un Ministero che abbracciar deve tutte le parti d’Italia ; ed
ancora per un sentimento di reciproco riguardo.
Nel compiere ora al dovere di far nota a V.M. questa determinazione, mi credo in debito di
sottoporre a V.M. che forse sarebbe opportuno che prima di prendere una determinazione
V.M. sentisse il parere degli uomini politici più autorevoli che trovansi ora in Torino, come
sarebbero Ricasoli, Farini, Rattazzi, Poerio.
Se V.M. lo desidera, potrei farli avvertire di recarsi al Palazzo all’ora ch’Ella vorrà
indicarmi, oppure anche meglio potrebbe mandare loro invito diretto.
Ove poi V.M. avesse altri ordini ad impartirmi, sono sempre pronto ad eseguirli. Solo
supplico V.M. a degnarsi di voler recarsi questo dopo pranzo a Torino, ond’io possa riferire
a V.M. lo stato delle cose e ricevere le sue istruzioni.
Ho telegrafato ieri sera al Principe
ed al generale Garibaldi.
Giunse da Londra la notizia che il Governo inglese riconoscerà il nuovo titolo di V.M..
Nell’aspettativa degli ordini di V.M., ho l’onore di, ecc.
(f.to) C. Cavour
7
UNA STORIA TUTTA TRICOLORE
(Sandro Bocchino)
Quest’anno 2011
ricorrono i 150 anni
dalla proclamazione
del regno d’Italia
(17/03/1861) e le
nostre istituzioni
hanno voluto far
coincidere in questa
circostanza anche il
150° anniversario
dell’unità nazionale.
A voler essere precisi
(e pignoli) il vero
150° dell’unità
italiana dovremmo
celebrarlo il giorno
20/09/2020, quale
anniversario
dell’ingresso delle
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truppe italiane a Roma che,
diventando la definitiva
capitale d’Italia (dopo Torino
e Firenze), segnò la fine del
potere temporale dei papi.
A voler essere addirittura
pedanti, la definitiva e totale
unità d’Italia avvenne solo il
04/11/1918 con la vittoria nella
1° grande guerra e con
l’annessione di Trento e
Trieste. Il completamento
dell’unificazione fu il frutto di
un tormentato e sofferto
processo durato più di un
secolo. Iniziò infatti nel 1815
con il proclama di Rimini del
30 marzo, in cui, Gioacchino
Murat, re di Napoli,
marciando contro l’Austria,
chiamò a raccolta gli italiani “
… italiani, l’ora è venuta che
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debbono compiersi gli alti destini d’Italia … la
provvidenza vi chiama infine ad essere una
nazione indipendente ... dalle alpi alla Sicilia si
oda un solo grido … indipendenza d’Italia.”
Purtroppo quel primo appello cadde nel
vuoto e la sconfitta di Napoleone a Waterloo
sembrò mettere la parola fine al vento di quel
rinnovamento iniziato con la rivoluzione
francese. Solo qualche anno più tardi (1820-
1821) iniziarono timidamente i primi moti
insurrezionali, peraltro subito duramente
repressi, fomentati nell’ombra da società
segrete come la Carboneria e la Giovine Italia,
sulle quali i monarchi dei vari staterelli in cui
era divisa l’Italia avevano facilmente buon
gioco. Convenzionalmente l’inizio dell’epopea
risorgimentale viene fissata nel 1848 con i
primi moti rivoluzionari di popolo che
infiammarono le principali capitali europee.
Dal 18 al 22 marzo del 1848, nelle famose 5
giornate, Milano riusciva a scacciare gli
austriaci ed attendeva, da città libera, le
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truppe sardo-piemontesi di casa Savoia che, al comando di re Carlo Alberto, dichiarata
guerra all’impero d’Austria, varcando il Ticino venivano in suo aiuto.
Queste cinque epiche giornate milanesi rappresentarono i prodromi di una vigorosa spinta
verso l’indipendenza
delle popolazioni di
lingua italiana dalle
varie dominazioni
straniere (Austria ed i
suoi staterelli satelliti).
Il Piemonte e la casa di
Savoia erano visti, dalla
maggioranza dei politici
e degli intellettuali
italiani (non da quelli
piemontesi), come
l’unico stato in grado di
pilotare la nave
dell’unità italiana ed
assicurare (vista anche
una certa fratellanza
politica con la Francia)
una protezione alle
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popolazioni italiane nei confronti dell’Austria, retta dagli Asburgo e, più in particolare, da
quel Francesco Giuseppe che, salito al trono giovanissimo proprio in quel 1848 e morto nel
1917, fu per certi versi l’unico ed assoluto nemico dell’unità d’Italia per tutti i suoi quasi 70
anni di regno.
Ma andiamo con un
certo ordine, il 1848,
romantico ed eroico,
bello ed irripetibile,
fu più che altro un
tentativo da ”armata
brancaleone”, una
schiera di generosi
volontari (popolani,
studenti ed anche
intellettuali)
frammischiati alle
truppe regolari dei
vari eserciti (sardo,
toscano, e all’inizio
anche napoletano e
pontificio) mancanti
di un vero piano di
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operazioni comune, cercarono disordinatamente di opporsi all’esercito austriaco che,
d’innanzi ai primi effimeri successi degli “Italiani” (Goito, Monzambano) controllava la
situazione arretrando e muovendosi sempre ben protetto dalle fortezze del “quadrilatero”,
attendendo paziente
l’evolversi della
situazione pronto a
sferrare il colpo
decisivo che si
concretizzò il 25
luglio a Custoza,
costringendo il re
Carlo Alberto a
chiedere l’armistizio,
a Vigevano, (Salasco
9 agosto). Ancora
più tragica fu la
ripresa delle ostilità.
L’anno seguente, a
Novara si infransero
le speranze di una
rivincita degli italiani
ed il re fu costretto
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ad abdicare in favore del figlio Vittorio
Emanuele II° ed andare in esilio in Portogallo.
Il giovane re per prima cosa confermò lo
statuto promulgato dal padre il 4 marzo 1848
ed iniziò a riorganizzare l’esercito. Le sorti del
piccolo regno del Piemonte cambiarono
quando nel suo orizzonte politico si delineò la
figura del conte Camillo Benso Conte di
Cavour. Egli, abilissimo e lungimirante
“tessitore”, riuscendo ad allearsi a Francia ed
Inghilterra nella vittoriosa campagna di
Crimea del 1855-56 contro la Russia, seppe
destare molte simpatie nelle grandi potenze
ma, soprattutto, poté sedersi al tavolo del
congresso di Parigi dove riuscì finalmente ad
esporre ufficialmente la spinosa questione
dell’unità italiana ed a consolidare la posizione
di casa Savoia alla testa del movimento
nazionale. Che alcuni accordi segreti si fossero
già sviluppati da quei primi incontri, in
particolare con Napoleone III°, è presumibile,
tuttavia, solo nel 1858 cominciò a profilarsi
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all’orizzonte l’eventualità di una nuova guerra contro l’impero d’Austria. Fu Napoleone III°,
nel ricevimento di capodanno 1859 alle Tuileries, con le parole rivolte all’ambasciatore
austriaco “… credo che le relazioni con il vostro governo non siano più così buone come in
passato …” a darne
l’annunzio. Fu
peraltro Vittorio
Emanuele II° con il
discorso di apertura
del parlamento del
10 gennaio “… non
siamo insensibili al
grido di dolore che
da tante parti d’Italia
si leva verso di noi
…” a darne la
conferma. Le parole
produssero un
immenso stupore in
Europa e fremiti
rivoluzionari ed
indescrivibile
entusiasmo in tutta
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Italia, poiché la guerra apparve inevitabile e prossima. Le trattative tra Francia e regno
Sardo, iniziate ufficialmente a Plombieres (20-21/7/1858) si conclusero con la firma del
trattato avvenuta a Torino il 18/1/1859 e cementata il 29 gennaio seguente dal matrimonio
fra il principe
Napoleone Giuseppe
Bonaparte e la
principessa Clotilde
di Savoia (figlia di
Vittorio Emanuele).
L’Austria non stava
certo a guardare ed
ammassava truppe
lungo i confini
piemontesi, il 23
aprile 1859 Vienna
inviava l’ultimatum al
Piemonte per
imporgli il disarmo.
Era ciò che Cavour
attendeva.
Il giorno stesso la
Camera Subalpina
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conferiva pieni poteri al re che ordinava la
mobilitazione dell’esercito e ne assumeva il
comando. Il 26 re Vittorio respingeva l’ultimatum e,
col suo proclama del 27 all’esercito e del 29 ai popoli
del regno e dell’Italia, annunziava la guerra.
Trionfale fu la marcia degli eserciti alleati.
Molteplici le battaglie vittoriose tuttora ricordate
dai nomi di molte vie nelle città d’Italia
Montebello, Palestro, Vinzaglio, Magenta, San
Martino, Solferino … Memorabile fu la giornata del
24 giugno 1959 quando gli eserciti avversari si
fronteggiarono su di un fronte lungo 12 km dalle 6
del mattino alle 9 di sera, contendendosi il terreno
palmo a palmo. L’urto principale venne sostenuto
dall’esercito francese a Solferino ove abbastanza
presto si delineò la vittoria delle truppe di
Napoleone III°. A San Martino invece le truppe sarde
dovettero lottare per tutto il giorno contro truppe
molto agguerrite conquistando e riperdendo varie
volte la contesa collina. Solo al sesto disperato
assalto (alle 8 di sera) si impadronirono
definitivamente del poggio di San Martino.
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Famose restano le parole che re Vittorio Emanuele pronunciò sul campo di battaglia
frammischiato al le sue truppe che si preparavano
all’ultimo decisivo assalto “… fieui o i piuma San
Martin o an fan fe’ San Martin a nui …” (e fare san
martino in Piemonte significa traslocare, andare
via) e San Martino venne conquistato. Il tributo di
sangue versato quel giorno fu altissimo, oltre
4.800 furono i caduti dei tre eserciti ai quali se ne
aggiunsero, nei giorni seguenti, altri 5.200 degli
oltre 20.000 feriti, disseminati un po’ ovunque
nella campagne, nelle cascine e nei paesi limitrofi
la battaglia. I servizi di soccorso e di assistenza
erano praticamente nulli e fu proprio in questa
occasione che un cittadino svizzero, Henry
Dunant, trovandosi a passare in quei luoghi,
colpito dall’immane carnaio gettò le basi per la
costituzione di un comitato che avrebbe dovuto
organizzare una struttura per il soccorso dei feriti
in guerra e reclutare un corpo di infermieri da
mettere a disposizione degli eserciti belligeranti.
Pochi anni dopo (1864) nasceva la Croce Rossa.
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In seguito alla grande impressione destata
in Francia dalle perdite di Solferino ma,
soprattutto, per l’atteggiamento della
Prussia, che temendo un’eccessiva
espansione francese, minacciava di allearsi
all’Austria e di attaccare la Francia da nord,
l’11 luglio 1959, improvvisamente ed ad
insaputa di re Vittorio Emanuele e di Cavour,
Napoleone III° stipulava a Villafranca
l’armistizio con l’Austria. La Lombardia
veniva ceduta alla Francia che la donava al
Piemonte (in cambio della Savoia e di
Nizza), Venezia e le varie fortezze del
quadrilatero rimanevano all’Austria, in
Toscana ed in Emilia venivano ripristinate le
vecchie autorità. Ovviamente negli ambienti
italiani questa decisione fu presa come un
tradimento tanto che il Cavour rassegnò le
dimissioni da primo ministro. Il progetto di
pace di Napoleone non fece i conti però con
i governi provvisori dell’Italia centrale che
nel frattempo si erano dati un proprio
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esercito e che chiedevano con fermezza l’annessione al Piemonte. Solo uno scontro armato
avrebbe potuto restaurare gli antichi sovrani ma questo Napoleone cercò in ogni modo di
evitare. Nel marzo 1860 si trovò una soluzione: con due plebisciti Toscana ed Emilia si
pronunciarono per l’annessione al Piemonte (con buona pace di Napoleone che fu costretto
ad accettare il compromesso) e con il medesimo procedimento Nizza e la Savoia passarono
alla Francia. Alto fu il tributo
di sangue che gli italiani
pagarono per arrivare al 4
novembre 1918, oltre
800.000 furono i morti per
l’indipendenza e l’unità
dell’Italia come noi oggi la
conosciamo. Circa 200.000
caddero nel 50ennio 1820–
1870, una cifra notevolissima
visto anche il numero della
popolazione nazionale, ed
oltre 600.000 furono i caduti
della 1° guerra mondiale.
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INNO DI MAMELI
Il poeta Mameli
Goffredo Mameli dei Mannelli nasce a Genova il 5 settembre 1827. Studente e poeta
precocissimo, di sentimenti liberali e repubblicani, aderisce al mazzinianesimo nel 1847,
anno in cui partecipa attivamente alle grandi manifestazioni genovesi per le riforme e
compone Il Canto degli Italiani. Da quel momento in poi dedica la propria vita di poeta-
soldato alla causa italiana: nel marzo del 1848, a capo di 300 volontari partecipa alle cinque
giornate di Milano, tornato a Genova, collabora con Garibaldi e, in novembre, raggiunge
Roma dove, il 9 febbraio 1849, viene proclamata la Repubblica. Sempre in prima linea nella
difesa della città assediata dai Francesi, il 3 giugno è ferito alla gamba sinistra: morirà
d'infezione a soli ventidue anni. Le sue spoglie riposano nel Mausoleo Ossario del Gianicolo.
Il musicista Novaro
Michele Novaro nasce il 23 ottobre 1818 a Genova, dove studia composizione e canto.
Secondo tenore e maestro dei cori dei Teatri Regio e Carignano di Torino nonché convinto
liberale, offre alla causa dell'indipendenza il suo talento compositivo, musicando decine di
canti patriottici e organizzando spettacoli per la raccolta di fondi destinati alle imprese
garibaldine. Di indole modesta, non trae alcun vantaggio dal suo inno pfamoso, neanche
dopo l'Unità. Muore povero, il 21 ottobre 1885, dopo aver affrontato difficoltà finanziarie e
problemi di salute. Per iniziativa dei suoi ex allievi, gli viene eretto un monumento funebre
nel cimitero di Staglieno, dove oggi riposa vicino alla tomba di Mazzini.
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Fratelli d'Italia
L'Italia s'è desta,
Dell'elmo di Scipio
S'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.
Uniamoci, amiamoci,
l'Unione, e l'amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.
Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò
Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l'ora suonò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.
Dall'Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.
LIONS CLUB
LIONS CLUBLIONS CLUB
LIONS CLUB
VADO LIGURE QUILIANO
VADO LIGURE QUILIANOVADO LIGURE QUILIANO
VADO LIGURE QUILIANO
“VADA SABATIA”
“VADA SABATIA”“VADA SABATIA”
“VADA SABATIA”